Di questa giornata ricordo in particolare la gentilezza di un signore giapponese della Panasonic, che ha fermato me e l’amica con cui ero, per farci compilare un questionario sui prodotti da loro esposti in Statale da Interni. La voglia dei giapponesi di dare sempre il massimo, mi ha molto colpito sia per le idee che hanno proposto, che per la quantità di lavori che si sono portati dietro dall’altra parte del mondo. Una conferma l’ho avuta nel pomeriggio, mentre visitavo al Palazzo Visconti la seconda delle tre mostre dei prodotti e prototipi di Nendo, lo studio di Oki Sato e Akihiro Ito già citato ieri. La collezione black & black vista alla carrozzeria di via Tortona 32, si trovava già in uno di quei posti grezzi e camaleontici nascosti per la città, ma quella vista nel pomeriggio del secondo giorno, era in un posto spettacolare. In fondo il Salone è anche questo, stupire per quello che presenti, in una cornice che lo renda indimenticabile.
La mattinata è iniziata all’Università Statale, fra torri d’osservazione, occhi degni del Signore degli Anelli, morbidi portali, impianti luci controllati a distanza, alberi di pannelli fotovoltaici.
Architect’s Eye, di Speech Tchoban & Kuznetsov.
Big Bags di Patricia Urquiola per Missoni
Photosynthesis di Akihisa Hirata per Panasonic
Sistema di illuminazione controllato da interruttori wireless Panasonic. Di sera deve esser stato davvero suggestivo, soprattutto perché eri tu a poter regolare l’intensità e a scegliere il tipo di illuminazione.
Dopo la Statale ci siamo dirette verso via Laghetto, al n° 11 abbiamo trovato un’altalena appesa al balcone e le lampade di Kiro Kolektif nella cantina. Ho adorato la loro semplicità fatta di carta e cartone, le forme da origami e la luce calda perfetta per quello spazio così intimo. Un’unica cosa, prima di scendere gli scalini: occhio alla testa!
Dopo pranzo siamo state al Palazzo Visconti, per la seconda esposizione di Nendo. La corte del palazzo non ho potuto fotografarla per via del divieto categorico del portiere, peccato. Ho sperato si distraesse per un secondo quando è entrato un cocker con la sua nanny personale e hanno iniziato a parlare, ma niente, non ci ha mai tolto gli occhi di dosso. In compenso il cane non ci ha degnate di uno sguardo.
Salite al piano nobile però non c’erano restrizioni. Le stanze buie erano deserte, per fortuna. Le foto, però, purtroppo non rendono giustizia alla bellezza di queste sale, né all’atmosfera creata dai parallelepipedi luminosi su cui erano disposti gli oggetti della collezione.
Altre tappe del pomeriggio sono state in San Babila e in Brera, visibile nella seconda parte del post.
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